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COMUNICATO STAMPA - RETTIFICA ARTICOLO CORRIERE DELLA SERA DEL 1° APRILE 2004 09/04/2004

URGENTISSIMO

TELEFAX

DA: DR. Enrico SBRIGLIA- Segretario Nazionale del SI.DI.PE. (Sindacato dei Direttori e Dirigenti Penitenziari)

A: CORRIERE DELLA SERA - dr. Stefano FOLLI - Direttore Responsabile - FAX 02-29009705 - dr. Lorenzo SALVIA- Giornalista 06-68828566- 0668828574

 

Oggetto: Richiesta di rettifica di quanto descritto nell'articolo "Castelli: ora linea dura in tutti i penitenziari - Trasferiti i camorristi" - pag. 10 del numero del 1 aprile 2004.

 

 

Per una corretta informazione, prego vivamente la Direzione del CORSERA di rettificare il contenuto dell’articolo di cui sopra, lì dove risulta non fedelmente descritto quanto da me inteso affermare, telefonicamente, nell’intervista fattami dal dr. Lorenzo SALVIA.
Scrivere, infatti, che: "tutti i dipendenti di un carcere, dal direttore fino all'ultima delle guardie penitenziarie,dovrebbero essere sottoposti periodicamente ad accertamenti patrimoniali  in modo da scovare eventuali entrate sospette…" non corrisponde a quanto io ho provato, seppure con la precarietà di una comunicazione telefonica,  a dire, tantoppiù che l'articolo era accostato ad altro che parlava dell'evasione di cinque detenuti albanesi
dal carcere di Firenze, inducendo a ritenere che vi fosse un qualche collegamento.
In realtà avevo rappresentato altro, e cioè che fosse opportuno e necessario aggiungere altri "rimedi" di natura amministrativa a tutela di quanti svolgano delicate funzioni pubbliche di sicurezza,a l fine di rafforzarli.
Per contrastare nel modo più efficace la grande criminalità, che poi è anche grande criminalità economica, atteso che i proventi dei reati di traffico di armi, droga, di sfruttamento della prostituzione, del contrabbando, del traffico di auto di grossa cilindrata, etc. non solo invaderanno i mercati "sani", adulterando il gioco della leale concorrenza tra operatori economici, ma serviranno per realizzare ulteriori investimenti nelle branche di maggior redditività "criminale", oltre che potranno essere utilizzati per sostenere l'azione "militare" o meno finalizzata a superare le difficoltà di ordine amministrativo, legislativo, morale e culturale di quanti ponessero una qualche resistenza, assoldando spietati killer o provando, in alcuni casi, a corrompere quanti, vuoi per paura che per sete di denaro, si pieghino alle richieste delle cosche, c'è bisogno di altro…
Come si intuisce, non dicevo nulla di nuovo, purtroppo.
Rappresentando il carcere l'estremo baluardo, l'ultima trincea di legalità nei confronti dei criminali, mi sembrava, e mi sembra sempre più, giusto che "i controllori" fossero sempre al di sopra di ogni ragionevole sospetto, che fosse chiara la loro assoluta trasparenza, essere e sembrare limpidi, onde renderli ancora più forti e meno aggredibili.
Pertanto non mi sarebbe dispiaciuto pensare a forme amministrative e nuove di controllo verso quanti siano tenuti ad assicurare costantemente la legalità, prevedendo, ad esempio, accertamenti patrimoniali a campione, che spiegassero i loro effetti sulla generalità degli operatori penitenziari, . Perché basta - talvolta - anche una piccola falla nel sistema per fare affondare il naviglio carcerario.
Aggiungevo inoltre che gli accertamenti, a mio awiso, non dovrebbero essere soltanto patrimoniali, ma anche "clinici": si pensi un po' a quella che potrebbe essere la mia fragilità di direttore penitenziario lì dove fossi, ad esempio, anche assuntore di sostanze stupefacenti illegali e dovessi, ogni giorno, imbattermi in grandi trafficanti di droga o semplici "pusher".
E se soffrissi di particolari forme di disagio psichiatrico un tanto potrebbe riflettersi nella mia gestione del carcere e delle vite degli operatori e delle persone detenute che in esso spendono la loro esistenza…?
Personalmente ritengo che chiunque sia chiamato a garantire la sicurezza dei cittadini e ricopra in tal caso pubbliche funzioni, debba accettare, senza indugio e senza sentirsi umiliato o sospetto, di dare conto della sua "salute" morale e psico-fisica alla collettività che serve, proprio perché svolge una funzione e non una mera prestazione lavorativa e nulla andrebbe dato per "scontato".
Era questo il senso delle cose che ho provato a dire (e che dico da anni, attirandomi spesso antipatie…) ma che forse, a motivo della sintesi giornalistica, mi sembra siano state, sicuramente in buona fede, frettolosamente trattate, col rischio di indurre i lettori a ritenere che sia facile la corruzione degli operatori penitenziari.
Gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria fanno un lavoro ad alto rischio e durissimo, lo stesso tutti gli altri operatori e i direttori che mi onoro di rappresentare, ed in questo accomuno - mi si consenta - anche gli assistenti volontari, soldati del sociale che non ricevono il "soldo".
Non sarebbe, perciò, giusto criminalizzare chi lavori in carcere: semmai si trovino i rimedi per neutralizzare gli eventuali pavidi e gli avidi che, con la loro condotta, mettano a repentaglio la sicurezza se non anche la vita della generalità degli onesti servitori dello Stato che sono i più, che sono la generalità.
Il carcere trasparente e rispettoso della legge lo vogliono, anzitutto, quanti operano in esso, Vi prego di non dimenticarlo mai.
Con viva cordialità.

Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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rassegna stampa su www.studiocataldi.it