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Sanita penitenziaria e non solo 26/11/2007
“L’ESIGENZA DEL CAMBIAMENTO”
(“Riconoscersi in un progetto comune di crescita professionale”)
La Legge MEDURI, sostenuta fin dall’inizio anche dalla CISL-Fps, e che motivò ulteriormente la decisione di avviare e realizzare, l’affiliazione del SIDIPE alla predetta organizzazione sindacale confederale, rappresenta – finalmente – il momento di svolta per il personale penitenziario e l’inizio di una maggiore consapevolezza della sua specialità rispetto alla generalità dei dipendenti pubblici, e non perché il primo sia “migliore”, ma semplicemente perché ben altro, e di più complesso, viene ad esso istituzionalmente richiesto.
La circostanza che vengano affrontati con la legge MEDURI gli antichi problemi dei direttori penitenziari non deve trarre in inganno, bensì va interpretata come l’inizio di una strategia di approccio ad una problematica globale che, si ripete, non può non riguardare e fermarsi ai soli Direttori, responsabili delle carceri e dei servizi penitenziari, bensì comprendere TUTTI I LAVORATORI DEL PENITENZIARIO, compresi quelli dell’area sanitaria, risultando oramai giunto il tempo di “superare” quella che risulta essere la “paratia”, non più attuale, del c.d. “comparto ministeri” e, per i nostri compagni di lavoro dell’area sanitaria, il buio vuoto di una solo apparente Riforma Sanitaria che invece di valorizzare i medici penitenziari, il personale infermieristico, il personale medico ed infermieristico convenzionato, ne dichiara la fine ingiusta e prematura, mentre avrebbe dovuto puntare a trasformare in servizi di medicina di eccellenza i Centri Diagnostici Terapeutici, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, “aprendoli” semmai verso l’esterno, onde tesaurizzare al massimo le enormi potenzialità e le relative professionalità maturate sul campo.
Solo dei servizi di ECCELLENZA potevano, infatti, assicurare con una costante penuria di risorse finanziarie ed umane una medicina penitenziaria dai numeri impressionanti, perché, per quanti non lo sapessero o fingessero di non saperlo, ogni giorno andrebbe moltiplicato per un numero indefinito di detenuti che, comunque, hanno bisogno di cure, in quanto è la stessa condizione di prigionia ad essere innaturale e di per se stessa patologica: saranno le Regioni davvero in grado di farcela, quali esempi ci offrono ?
Non sono i convegni e la medicina “parlata” a curare gli innumerevoli casi di epatiti, hiv, turbercolosi, depressione, problemi di vista, carie, dermatiti, ferite, disabilità, etc. etc.
Non saranno i convegni e la medicina “parlata” a fornire, in tempo reale, i mille adempimenti che oggi i nostri medici ed infermieri assicurano nei confronti di tutti i detenuti, da quelli di cui all’art. 41 bis agli ulteriori sfighé del disagio sociale.
Oggi contiamo i suicidi, le morti per malattie, etc. etc., e taluni vogliono convincerci che con la sanità penitenziaria “regionalizzata” sarà diverso: come forse lo è stato per le problematiche della tossicodipendenza ?
Cosa ne sarà delle innumerevoli circolari, direttive, leggi, etc. che hanno caratterizzato il servizio sanitario penitenziario, saranno recepite, sic et simpliciter, dalle aziende sanitarie e dagli assessorati regionali alla sanità ?
Pertanto, come dirigenti penitenziari, non possiamo non guardare con allarme a quanto sta accadendo e rivolgiamo sentimenti di solidarietà verso tutti gli operatori dell’area sanitaria, nessuno escluso.
Solo chi non conosca il valore anche economicamente apprezzabile, come efficienza ed efficacia dell’azione amm.va, della collaborazione con gli altri attori della funzione penitenziaria potrebbe pensarla diversamente.
Le dinamiche quotidiane all’interno delle carceri provano, infatti, perfettamente il contrario: polizia penitenziaria, educatori, assistenti sociali, ragionieri, medici, infermieri professionali, tecnici, personale amm.vo, personale convenzionato e finanche gli operatori “occasionali” e/o volontari rappresentano un formidabile tutt’uno, rivolto verso i medesimi obiettivi.
Tale consapevolezza, sempre costantemente presente nella coscienza del SI.DI.PE., e comprovata da una costante esternazione di tale principio, rinvenibile fin dal primo giorno d’insediamento di questa segreteria, deve spingerci ad auspicare una nuova fase per il Mondo penitenziario, al fine di riconoscerci in un unico progetto di riforma.
Il fatto che la CISL, insieme con il SI.DI.PE., si siano fatti promotori nei confronti dell’interlocutore politico dell’esigenza di superare le attuali barriere contrattuali, le quali penalizzano in modo irreparabile il nostro personale ancora relegato al c.d. “comparto ministeri”, deve motivare il libero confronto anche con le altre sigle sindacali, essendo obiettivo di tutti costruire un sistema che funzioni ed un clima aziendale diverso.
Questa esigenza è sentita, soprattutto, nelle realtà periferiche, non di rado caratterizzate da una incomprensibile ed irragionevole scarsa comunicabilità e collaborazione tra gli operatori penitenziari: “dita di una stessa mano”.
Un possibile obiettivo unificante, sul quale sarà necessario far convergere, spiegandone le ragioni e superando deleterie diffidenze, tutto il personale penitenziario e quanti lo esprimano sindacalmente, dovrà essere quello di pervenire, in tempi brevi, ad un rapporto di lavoro di diritto pubblico PER TUTTO IL PERSONALE PENITENZIARIO DI CARRIERA.
Solo in tal modo, si ritiene, si offrirà alla collettività la rappresentazione del raggiungimento di una ancor più grande consapevolezza di essere dei “civil servant”, nel perseguimento delle finalità istituzionali demandate al nostro sistema penitenziario ed al riconoscimento pieno di un’autorevolezza che non può essere limitata alla pure importante funzione di sicurezza in senso stretto, ma che va orientata verso gli obiettivi di recupero ed inclusione sociale.
Anche questo spiega e giustifica pienamente le ragioni di un più giusto ed equo trattamento economico e giuridico per tutti gli operatori penitenziari, perfettamente compatibile ed in sintonia, con quelli previsti per la dirigenza penitenziaria e per gli appartenenti al Corpo della Polizia Penitenziaria, coprotagonisti della medesima difficile realtà di lavoro.
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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