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LA MOBILITA' D'UFFICIO 13/12/2007
U R G E N T E
Trieste 13 dicembre 2007
Racc. A.R. (primo indirizzo)
Al Dr. Massimo DE PASCALIS
Direzione Generale del Personale e della Formazione
Largo Luigi DAGA, 2
R O M A
E, p.c.:
Al Pres. Ettore FERRARA
Capo del Dipartimento
dell’Amm.ne Penitenziaria
Largo Luigi DAGA, 2
R O M A
Al Sig. Provveditori Regionali
Loro SEDI
     
     

Oggetto: Diffida a porre in essere provvedimenti ordinari di mobilità d’ufficio dei Dirigenti Penitenziari.




Finora questa O.S. è intervenuta sulla questione afferente la mobilità d’ufficio dei dirigenti penitenziari, di cui alla legge n. 154/2005, affrontandone singolarmente la relativa questione, ma di fronte al comprensibile e legittimo grido d’allarme lanciato dai colleghi, dirigenti, della Toscana, si è indotti a ritenere che altri tentativi di avviare processi di mobilità, in assenza di regole, possano essere, se non intrapresi, quantomeno ideati a discapito della categoria.
La circostanza che l’eventuale avvio della procedura di conferimento dell’incarico dirigenziale, sia stata formalmente partecipata agli interessati, ai sensi dell’art. 7 e ss. Legge n. 241/90, non modifica i termini della questione ma, anzi, fa emergere la sensazione che si cerchi, frettolosamente, di dare una succinta veste di legittimità a infelici provvedimenti, i quali – anche ove solo annunciati – avranno il deleterio effetto di allargare, ulteriormente, il solco di diffidenza e di sfiducia che il trascorrere inutile di questi mesi, in assenza di D.M. che disciplini l’individuazione e la rideterminazione dei posti di funzione dirigenziale e la riorganizzazione dell’Amm.ne Penitenziaria, insieme alla mancanza del contratto di diritto pubblico della categoria, hanno inevitabilmente contribuito a realizzare.
Come opportunamente rappresentato da questa O.S. in altra corrispondenza, relativa ad un recente caso specifico, appare incomprensibile, in assenza dei due precitati “pilastri”, i quali disegneranno il profilo organizzativo ed amministrativo del DAP, dal centro alla periferia, e visto l’attuale quadro d’incertezza amministrativa, promuovere iniziative di mobilità d’ufficio nei confronti dei dirigenti in servizio nelle sedi periferiche, pur ove si volessero perseguire le più nobili finalità nei riguardi dei funzionari che abbiano mostrato di meritare, obiettivamente, un tanto.
Le SS.LL. comprenderanno, infatti, come altrimenti si corra il rischio che i provvedimenti, seppure dettati dalle migliori intenzioni, possano essere percepiti finalizzati a ben altro, penalizzando in realtà i destinatari degli stessi o quanti, a parità di meriti, avessero avuto uguali interessi di sede.
D’altronde i colleghi dirigenti penitenziari ancora non conoscono quali sedi d’istituto, di uepe, di OPG, di provveditorato, di scuola, di direzione generale siano da considerare “vacanti”, quale sia l’effettivo “peso economico” che ciascuna abbia rispetto ad altre, quali siano i benefits concessi ai dirigenti in caso di mobilità, etc., etc.: da qui il legittimo, e comprensibile, dubbio sulla bontà delle iniziative amministrative assunte, unilateralmente, senza che vi sia stato l’utile e fattivo confronto su una materia così delicata con le OO.SS., rappresentative dei dirigenti penitenziari.
L’aspirazione a talune sedi, infatti, non solo può rappresentare per il singolo dirigente il riconoscimento di una professionalità acquisita sul campo, di un impegno profuso nel tempo, del desiderio legittimo di “mettersi in gioco” ancora una volta, ma anche l’approdo ad una destinazione che, dopo semmai anni di peregrinazioni, in taluni casi può coniugarsi con situazioni familiari e personalissime non meno importanti, talché non rendere sostanzialmente trasparente il metodo attraverso il quale si sceglie “X” piuttosto che “Y”, fa recepire come sospetta ogni iniziativa unilaterale della parte pubblica.
Ne può invocarsi l’assenza di norme contrattuali per spiegare che, a motivo semmai di situazioni specifiche, si ritenga di poter agire d’iniziativa: la circostanza che manchino norme contrattuali, soprattutto peculiari alla tipologia di funzioni pubbliche che sono assicurate dai dirigenti penitenziari, non può far venire meno il sedime di cultura sindacale e di rispetto dei diritti dei lavoratori che, a prescindere lo specifico comparto di riferimento, vale per qualunque tipologia di lavoratori pubblici ed è indifferente, ove si creda a quei valori, al cangiare dei governi.
Se così non fosse, vorrebbe dirsi, parafrasando, che in attesa di quantificare il tipo di condanna per il reato di omicidio, si sia liberi di uccidere, pur tutti convenendo sulla antigiuridicità della condotta…
Logica semmai vorrebbe che, visto il quadro ancora nebuloso entro il quale pur l’Amministrazione vorrebbe muoversi, siano anzitutto rese note tutte le SEDI VACANTI ( comprese quelle che, fatto gravissimo, non hanno ancora un proprio direttore titolare e sono rette in regime di missione), e che per le stesse si chieda di conoscere la disponibilità al trasferimento da parte di dirigenti penitenziari eventualmente interessati.
Successivamente, avviare tempestivamente tutte le iniziative del caso affinché si pervenga alla formulazione di una griglia di criteri oggettivi e condivisi con le OO.SS., onde stilare le corrispondenti graduatorie per ogni sede di servizio.
Ma certamente sarebbe sconsigliabile procedere, motu proprio, da parte dell’amm.ne perché altrimenti si rischierebbe di dare la stura ad una stagione che risulterà – fin da subito – caratterizzata dal ricorso generalizzato agli organi giudiziari competenti, ritenendosi per l'appunto violati i principi di imparzialità e di buona amministrazione, premesse indispensabili ad ogni attività della P.A.
D’altronde è prevedibile che la mobilità a domanda (la quale, probabilmente, comporterebbe minori oneri economici per l’erario), e la pubblicità dei criteri per stilare le relative graduatorie, nonché la conoscenza dei nominativi di quanti intendano concorrervi, potrà indurre a spontanee rinunce, contribuendo a ridurre di molto il numero degli effettivi interessati, con conseguente risparmio della risorsa “tempo”, posto che tutti sarebbero in grado di poter individuare approssimativamente il proprio possibile posizionamento.
Tanto in attesa dei provvedimenti “pilastro” ai quali prima si faceva cenno.
Come si può vedere, non si tratta di porre una gratuita resistenza o sollevare pretestuose lamentazioni, ma di realizzare uno sforzo condiviso di chiarezza, che si tradurrà nella reale corretta tutela di tutti i dirigenti penitenziari, ancorché non fossero iscritti a questo sindacato rappresentativo degli stessi, e con pari profitto per l’amministrazione. Davvero cordialmente.

Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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