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“LIBRO BIANCO SULLE CARCERI ITALIANE E SUL SISTEMA PENITENZIARIO” 08/08/2008
(PROTESTA DEI DIRETTORI PENITENZIARI D’ISTITUTO E DEGLI UFFICI DELL’ESECUZIONE PENALE ESTERNA)
“Non vogliamo un sistema penitenziario che si alimenti di belle parole mentre risulta, in verità, privo di ogni risorsa.”
Siamo delusi dal sentire enunciati condivisibili principi, che imporrebbero uno sforzo progettuale ed il conferimento di adeguate risorse per rendere il nostro sistema penitenziario capace di assolvere il proprio mandato e, nel contempo, rilevare con quale semplificazione ed approssimazione si intenda, in realtà intervenire, senza – tra l’altro – quantificare, individuare e conferire i fondi necessari.
“Finalità nobili, ZERO RISORSE”: questa in sintesi è la lamentela-accusa che i direttori penitenziari delle carceri italiane e degli uffici dell’esecuzione penale esterna sono costretti a rivolgere nei confronti del Ministro della Giustizia MASTELLA e del Capo del Dipartimento FERRARA.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso, già colmo di amarezze, è rappresentata da una recente circolare la quale, imponendo dal 1° agosto p.v. nuove procedure tendenti, sulla carta, a migliorare la condizione delle persone detenute nel periodo iniziale della loro carcerazione, non risulta accompagnata da risorse aggiuntive sia come organici che come finanziamenti.
“Uno specchio per le allodole, un prestigio per illusionisti, fingere di muoversi restando fermi, un tentativo di ingannare la collettività”.
Simili proposte, se davvero ci fosse stata la volontà politica ed amministrativa per attuarle, sarebbero state accompagnate da un minimo di maggiori risorse finanziarie, destinate ad integrare, anzitutto, gli organici degli educatori, degli assistenti sociali, dei ruoli tecnici ed amministrativi, della polizia penitenziaria, soprattutto nelle regioni del Nord-Italia, nonché per assicurare le condizioni minime d’igiene e sicurezza “generali” che non si riflettono solo sulle persone detenute nuove giunte, ma la comunità penitenziaria, riguardando anche gli operatori del settore, esposti quotidianamente a rischi “aggiuntivi” extra-contrattuali (in molti istituti penitenziari ed uffici è assente la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti antincendio, degli impianti elettrici, degli apparati di controllo, degli accessi di sicurezza, etc.; spesso non risulta neanche possibile procedere ad una periodica programmazione delle tinteggiature delle pareti delle celle o sostituire water e bidet rotti o cambiare lampadine fulminate, bocciardare le scale, etc.).
Si comprenderà quindi il disagio e l’amarezza di quanti, direttori degli istituti penitenziari rischieranno di essere considerati loro, invece, i responsabili di ogni disfunzione, in quanto esposti più di altri sul territorio, con la possibile conseguenza che nei loro confronti venga meno la fiducia della collettività, delle istituzioni, della magistratura, al punto che in Parlamento già vi sono diverse proposte di legge finalizzate ad istituire la figura del “Garante dei diritti dei detenuti”, mostrando quindi di non confidare nell’imparzialità e nello spirito di legalità dei responsabili delle carceri, chiamati a svolgere una funzione di speciale rilevanza pubblica che ne spiega anche lo status giuridico.
Per fare chiarezza sulle vere responsabilità, il SI.DI.PE. (Sindacato dei direttori e dirigenti penitenziari), annuncia di voler pubblicare un LIBRO BIANCO sulle carceri, riportando fedelmente le denunce che pervengono al sindacato dai direttori penitenziari e che riguardano la condizione carceraria; in tal modo si intende informare correttamente sul delta profondo che esiste tra il dire ed il fare, sulla pochezza ed insignificanza delle risorse messe, effettivamente, a disposizione delle strutture penitenziarie.
Verrà pure formulata un’analisi della situazione, avvalendosi della consultazione di docenti universitari, del mondo del volontariato e di quanti, per davvero, intendano migliorare lo stato delle cose.
Finora i direttori penitenziari hanno combattuto in modo silenzioso la loro battaglia di civiltà, oggi, nel constatare il venir meno della speranza di un reale cambiamento, non possono fare a meno di rivolgersi all’opinione pubblica ed a quanti possano raccogliere il loro grido d’allarme, rappresentando, ancora una volta, che il grado di civiltà di un sistema penitenziario si misura NON con discorsi di facciata, con somme dichiarazioni di rispetto dei diritti e di promozione di una sicurezza che tutti vogliamo, ma dalle somme che vengono messe in bilancio, dalle risorse che si spostano da un capitolo all’altro dello Stato, attraverso le richieste convinte e strutturate corrispondenti agli obiettivi che si intendano perseguire, altrimenti sono chiacchiere…
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico SBRIGLIA

 

 

 

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rassegna stampa su www.studiocataldi.it