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COMUNICATO DEL 14/05/2012 Prot. n.12/T/2012 14/05/2012
<< Il Si.Di.Pe. con la Polizia Penitenziaria per affrontare l’emergenza penitenziaria e per il miglioramento del sistema >>
Il S.Di.Pe sarà presente alla Festa Nazionale del Corpo di Polizia Penitenziaria 2012 che si terrà a Roma il prossimo 18 luglio 2012 al cospetto Presidente della Repubblica, per testimoniare la stima e la considerazione che i dirigenti penitenziari, di istituto penitenziario e di esecuzione penale esterna, nutrono nei confronti di un personale che quotidianamente con loro affronta le difficoltà ed i rischi, anche personali, di una situazione penitenziaria gravissima ed emergenziale, acuita dalla gravosa crisi economica che attanaglia il Paese e la stessa Europa e che, purtroppo, non lascia intravedere soluzioni in tempi brevi.
Lo spirito del Si.Di.Pe. non è quello di partecipare ad una festa che sublimi la drammaticità delle condizioni di vita e di lavoro nelle carceri italiane o, peggio, la partecipazione ad una finzione collettiva dell'inesistenza di una tale tragicità, lo spirito è, invece, quello di celebrare la valenza di un Corpo di polizia speciale e unico, capace di affrontare difficoltà inimmaginabili a costo di sacrifici personali e familiari, in grado di coniugare umanità e rispetto dei diritti delle persone detenute pur di fronte a condizioni che oggettivamente nella quotidianità tali diritti mettono in crisi, un Corpo vicino ai dirigenti penitenziari nella difficile gestione delle carceri, qualificato supporto operativo e propositivo dei direttori, nell'obiettivo condiviso, comune a tutti gli operatori penitenziari, di coniugare sicurezza e trattamento, rigore e rispetto della persona umana, per cercare di restituire dopo la pena uomini migliori ad una società troppo spesso distratta, che al carcere delega l'impossibile e del quale finisce con il fare la discarica dei problemi sociali che non vuole o non sa affrontare.
Il Si.Di.Pe. ed i dirigenti penitenziari sono con la polizia penitenziaria e chiedono al Governo di aiutare loro e questa "polizia della Giustizia" in questo difficilissimo momento, perché la giustizia non si persegue solo nelle aule dei tribunali e delle corti, perché in esse si celebra ma è nelle carceri e attraverso gli uffici di esecuzione penale esterna che essa si concretizza con l'esecuzione delle pena: non può esserci giustizia autentica senza un sistema dell'esecuzione penale efficace perché priva di risorse umane e finanziarie, perché l'esecuzione della pena comporta la gestione totale di uomini che dipendono in tutto dall'amministrazione penitenziaria e dagli operatori che per essa agiscono.
In altri termini il "sistema giustizia" comprende anche quello dell'esecuzione penale e gli interventi sul primo non possono non tenere conto del secondo.
Riteniamo, pertanto, che il Ministro della Giustizia sia andato nella direzione giusta attraverso l'aumento da dodici a diciotto mesi dell'esecuzione delle pene detentive presso il domicilio e con la modifica dell'art.558 c.p.p., che ha previsto la custodia in carcere dell'arrestato solo in casi eccezionali e per i quali ha imposto al pubblico ministero di adottare un decreto motivato (1), così come riteniamo si sia intrapresa la rotta corretta con le misure contenute nel Ddl 5019 (il c.d. "Pacchetto Severino") in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, anche se non sono interventi del tutto sufficienti ed andrebbero potenziati.
Per questo pensiamo che occorra: una depenalizzazione più importante; che il ricorso alla custodia cautelare in carcere divenga ipotesi eccezionale per i casi effettiva indispensabilità; una riforma del processo penale per una sua ragionevole durata, in conformità all'art.6-§1 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e dell'art.111 della Costituzione; l'ampliamento del ricorso alle misure alternative alla pena detentiva quale forma ordinaria di pena, riservando il carcere solo ai reati di particolare gravità; un modello nuovo di esecuzione della pena in carcere che vada nella direzione della responsabilizzazione del detenuto e non solo del suo contenimento; una revisione del lavoro penitenziario, sganciato dal modello teorico che lo ha voluto assimilare al lavoro fuori dal carcere anche per la retribuzione e che per questo ne ha determinato l'inevitabile fallimento. Perché la giustizia funzioni occorrono certamente magistrati, e plaudiamo, quindi, alla capacità che il Ministro della Giustizia ha avuto per il reperimento dei fondi necessari all'assunzione di nuovi magistrati (quelli del concorso indetto con D.M. 15.12.2009) ma è indispensabile che si assumano anche nuovi dirigenti penitenziari perché l'ultima immissione nel ruolo dei direttori risale a quindici anni orsono (1997) perché mentre dalle riduzioni di personale (2) sono stati esclusi, tra gli altri, i magistrati, il personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari (3) e le forze di polizia, la dirigenza penitenziaria, che è dirigenza di diritto pubblico il cui trattamento giuridico è stato inserito nel comparto sicurezza e che a pieno titolo opera anche nel "sistema giustizia", non è stata contemplata nell'esclusione dalla riduzione delle dotazioni organiche prevista dalle nuove norme.
Approviamo anche l'iniziativa di chiusura dei piccoli Tribunali (con un recupero, sembra, di 5.900 amministrativi e 950 magistrati), come annunciato dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento incaricato della spending review e guardiamo con favore alla prospettiva di un recupero del personale di polizia dai compiti esterni al mandato istituzionale dell'amministrazione penitenziaria e ad un suo miglior impiego nell'esecuzione penale anche attraverso una razionalizzazione della sorveglianza, ma solo se non si tratta solamente di meri tagli all'organico (la cui pianta, è bene ricordare, è stata determinata a suo tempo con riferimento a una popolazione detenuta di 50.000 unità e che oggi registra una carenza di oltre 7.000 agenti a fronte di quasi 67.000 detenuti presenti nelle carceri, rispetto ad una capienza regolamentale di circa 45.700 posti letto, con un sovraffollamento pari a 21.000 detenuti in esubero) e solo se si intende effettivamente creare un nuovo modello di sorveglianza che passi, però: da una modifica delle norme vigenti che lo sussumano per impedire che direttori e polizia penitenziaria diventino i facili capri espiatori di modelli custodiali solo teorici, culturalmente interessanti sul piano accademico ma troppo distanti dalla multiforme e diversificata realtà penitenziaria; dall'impiego effettivo ed ampio delle nuove tecnologie per i controlli (mentre, invece, allo stato molti istituti non possiedono impianti anti-scavalcamento e antiintrusione ed i sistemi di allarme non sono funzionanti per mancanza di risorse); dall'estensione ampia del sistema delle videoconferenze per ridurre le traduzioni; dal rendere effettivo l'obbligo delle aziende sanitarie del SSN di attivare i reparti ospedalieri destinati al ricovero dei detenuti (4).
La grave situazione delle carceri, causata dal pesante sovraffollamento, che ha determinato la dichiarazione dello stato di emergenza (5), non consente altre riduzioni di risorse, umane e finanziarie, occorre, semmai gestire meglio l'esistente senza depauperarlo ulteriormente.
I dirigenti penitenziari, la polizia penitenziaria, non meno degli altri operatori penitenziari, non si sottrarranno di certo dall'offrire il loro massimo contributo possibile in un momento così difficile ma occorre che a questa straordinarietà di impegno sia dato merito e riscontro non solo attraverso parole celebrative ma anche attraverso riconoscimenti e interventi concreti.
Ai poliziotti penitenziari il Si.Di.Pe. formula i migliori auguri affinché la situazione possa migliorare, perché il miglioramento delle condizioni lavorative per il Corpo è sviluppo anche per i dirigenti penitenziari, per gli altri operatori penitenziari, per il sistema penitenziario, per quello della giustizia, per tutti i cittadini e per la democrazia di questo Paese.

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1. misure contenute nel D.L. 22 dicembre 2011, n. 211 "Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri", convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 17 febbraio 2012, n. 9.ntità della pena eseguibile al domicilio.<br>2. compresi gli uffici dirigenziali di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 10 per cento di quelli risultanti dall'applicazione dell'art. 2, comma 8-bis, del decretolegge n. 194 del 2009.<br>3. art.1, comma 5, D.L. n.138/2011: "Restano esclusi dall'applicazione dei commi 3 e 4 il personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari, la Presidenza del Consiglio, le Autorità di bacino di rilievo nazionale, il Corpo della polizia penitenziaria, i magistrati, l'Agenzia italiana del farmaco, nei limiti consentiti dalla normativa vigente, nonché le strutture del comparto sicurezza, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e quelle del personale indicato nell'articolo 3, comma 1, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001. Continua a trovare applicazione l'art. 6, comma 21-sexies, primo periodo del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni."<br>4. stato di emergenza conseguente all'eccessivo affollamento degli istituti penitenziari presenti sul territorio nazionale dichiarato: dapprima con D.P.C.M. 13 gennaio 2010 e successivamente prorogato con D.P.C.M. 11. gennaio 2011 e con D.P.C.M. del 23 dicembre 2011, fino al 31 dicembre 2012.<br>5. ai sensi e per gli effetti dell'art.5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n.225
Il Segretario Nazionale
Rosario Tortorella

 

 

 

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