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COMUNICATO SINDACALE DEL 26/02/2012 26/02/2012
SED LIBERA NOS A MALO
L’appello dei Dirigenti Penitenziari delle Carceri e degli UEPE
“…sed libera nos a Malo”, ma quando ?
Quando prenderemo civile consapevolezza che la crisi del sistema penitenziario è l’impietosa immagine di una crisi dei valori della democrazia in Italia ?
Uno Stato che non mantenga le promesse solenni non sarò più percepito come tale dalla sua comunità. Le nostre carceri si sono ridotte ad essere dei non-luoghi: quando non esprimono dolore e paure, al massimo appaiono invisibili, “indifferenti” ai benpensanti ed ai militanti del diritto sospirato, mentre le prigioni schiacciano con il loro peso di sofferenza sia gli operatori penitenziari che le vite di quanti sono detenuti e dai quali dovremmo pretendere solo la libertà e non anche la dignità.
Illusi, all’inizio della nostra carriera, dai nobili precetti costituzionali e da quella voglia di mostrare che con gli strumenti della democrazia, della legalità, dell’umanità, ma anche della fermezza e della intransigenza nella pratica del rispetto delle leggi, si realizza il bene della Sicurezza, ci sentiamo traditi e sacrificati nel nome di politiche sicuritarie che incutono preoccupazione ed insicurezza.
Sì, perché è finta sicurezza quella di uno Stato che comprime 67 mila persone detenute in posti che a malapena ne potrebbero accogliere 43 mila, è finta sicurezza quella di uno Stato che per sorvegliare tutti non sorveglierà nessuno, specialmente quei detenuti più pericolosi per la collettività, confusi in mezzo a quelli del disagio e delle nuove povertà, è finta sicurezza quella di uno Stato che riduce gli organici del personale delle carceri mentre, contestualmente, cresce il numero dei detenuti, così come quello dei suicidi dei medesimi (11 dall’inizio dell’anno), dei suicidi degli stessi operatori, primi fra tutti i poliziotti penitenziari, uomini e donne in divisa sempre e soltanto in prima linea.
Sono tanti quelli che cercano di abbandonare il caldo fronte delle prigioni, acquattandosi, chi ci riesce, in uffici distanti, perfino in altri enti o sottoenti pubblici, purché lontani, debitamente lontani, dai serragli che eufemisticamente appelliamo come “case” circondariali o di reclusione, oppure di custodia o ancora “di lavoro” che non c’è, luoghi intrisi di pianto ed attraversati dal ferro.
Belli, felici e ricchi, ecco i tre requisiti del personale per operare in carcere, per non scoppiare, per non morire anch’essi.
Ma pochi li hanno e chi ce l’ha li consuma subito.
Occorrerebbero forse altre cose, occorrerebbe l’apprezzamento dei cittadini, l’apprezzamento delle istituzioni, il conforto dello Stato, il conforto della Comunità, altrimenti è dura e con ce la si fa.
Allora, seppure tante altre cose andrebbero dette, anzi urlate, è giunto davvero il momento di mettere mano alla questione “Carcere”, di perdere ogni timidezza nell’affrontarne le problematiche, sempre meno acute e sempre più croniche che sfociano in convulsioni che potrebbero divenire ingovernabili: occorre iniettare nel sistema risorse vere, finanziarie ed umane, perché quanti vi lavorino non se ne debbano vergognare e perché davvero si produca il bene della sicurezza e non, invece, l’oscuro presagio di uno Stato malato e mutilato nei suoi “must” di solidarietà, umanità e giustizia.
Sono oltre sei anni che i direttori penitenziari sono senza contratto di lavoro, molte sedi carcerarie ed uffici dell’esecuzione penale esterna sono privi di dirigenti titolari, mancano educatori, assistenti sociali, psicologi, ma ci sarebbe bisogno anche di ingegneri ed architetti, di tecnici manutentori, sono assenti gli interpreti, la polizia penitenziaria non dispone di medici del Corpo, mancano gli agenti giovani e tanti hanno superato i 50 anni, è carente il personale amministrativo, perfino il sistema minorile è in crisi: fa difetto, in verità il pieno riconoscimento di una specialità di amministrazione che è di tutta evidenza, che dovrebbe solo per questo costituire un comparto pubblico ad hoc, non essendo comparabile con nessun altro, ancorché di polizia, pure facendo anch’esso sicurezza.
All’orizzonte nel frattempo compare un’altra nube, nera: la privatizzazione delle carceri !
Seppure infatti le carceri, e non sarebbe un male, potrebbero essere realizzate con la finanza di progetto, il c.d. “Project financing”, occorre chiarire fin d’ora che non solo i servizi di sorveglianza ma anche tutti quelli che attengono alla osservazione della personalità ed al trattamento delle persone detenute, ivi compresi quelli sanitari, psicologici e amministrativi, rimarranno saldamente in mano pubblica, gestiti da un personale pubblico il quale, come padrone, ha solo ed esclusivamente la Costituzione, e come profitto persegue il bene dell’uguaglianza e della legalità.
Gli altri servizi, spe-ci-fi-can-do-li, potranno anche rientrare nel project: mi riferisco a quelli relativi alla gestione della mensa aziendale del personale, i servizi di pulizia degli uffici e delle caserme, di lavanderia, la manutenzione degli impianti tecnologici, ivi compresi quelli elettrici, idraulici e dell’antincendio, quelli del rifornimento delle vettovaglie e degli alimenti alla popolazione detenuta, quelli di gestione dei bar e degli spacci aziendali per il personale e lo spaccio di vendita per le persone detenute, quelli della gestione di aree di parcheggio riservate al pubblico, gli spazi e le affissioni pubblicitarie, e quanti servizi potranno essere ulteriormente individuati, ma quelli “diretti” alla persona detenuta no, quelli dovranno continuare ad essere assicurati dal personale penitenziario, anche ai sensi dell’art. 28 della Costituzione italiana, in quanto i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti, e le persone detenute sono titolari di diritti oltre che di doveri.
La Ministro SEVERINO ci è apparsa davvero attenta alla questione, ma la sua attenzione non basta, la pretendiamo anche da tutto il Governo, il Parlamento e le lobbies.
Il Segretario Nazionale
Dr. Enrico Sbriglia

 

 

 

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