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COMUNICATO SINDACALE 28/11/2011
“PRIMA CHE IL VASO DI PANDORA ESPLODA: I DIRETTORI PENITENZIARI SONO STANCHI E NON VOGLIONO I VISITORS...”
Dopo anni di totale disinteresse per la realtà delle carceri, susseguenti alla stagione feconda di Nicolò AMATO, il legislatore sembrava essere ritornato, nel 2005, a prendere coscienza che tale complesso sistema necessitava di una ridefinizione del suo impianto organizzativo attraverso la rivalutazione e la riconsiderazione dei suoi vertici amministrativi, ai diversi livelli e, innanzitutto, a partire dai direttori degli istituti penitenziari e degli uffici di esecuzione penale esterna, tecnici della materia e, per esperienza diretta sul campo, i soli ad avere quella competenza specifica nella gestione della organizzazione amministrativa, complessa, pluri e inter-professionale, necessaria per gestire l’esecuzione delle misure privative della libertà personale: per questo nel 2005, con la legge n.154, è stata creata la “carriera dirigenziale penitenziaria”[1] alla quale la legge ha riconosciuto un ordinamento speciale di diritto pubblico, al pari di altre famiglie professionali incaricate di funzioni di competenza esclusiva dello Stato, come i magistrati, i prefetti, le forze di polizia, i diplomatici.

Nel 2006, superando non pochi ostacoli e dopo un parto difficile, ha poi trovato la luce il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63 che ha definito l’Ordinamento della carriera
dirigenziale penitenziaria.

Da allora nessun passo in avanti, l’Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria per come abbozzato dal D.Lgs. n.63/2006 è rimasto privo di qualunque concreta
attuazione, tanto per gli aspetti economici (trattamento  economico  onnicomprensivo  non inferiore   a   quello  della  dirigenza  statale contrattualizzata
[2]; primo contratto di categoria[3]), quanto per quelli giuridici e di carriera (ricostruzione della carriera[4]; assicurazione copertura assicurativa del rischio di
responsabilità civile connesso all'esercizio delle funzioni e dei compiti propri della carriera; scrutini per gli incarichi superiori[5]): aspetti sostanzialmente tutti
legati alla mancata stipula del primo contratto di categoria, atteso che il tavolo negoziale finalmente aperto dopo la grande manifestazione di protesta di tutte le
organizzazioni sindacali della dirigenza penitenziaria, svoltasi il sette luglio scorso dinanzi al Dipartimento della Funzione Pubblica,  si è arenato dopo due sole riunioni,
a causa del differimento sine die comunicato dalla parte pubblica.

Nel frattempo l’emergenza penitenziaria sconvolge il sistema, il sovraffollamento prosegue incontrollato, il piano carceri (ammesso che esista realmente) vacilla, i suicidi, di
detenuti ed operatori penitenziari, si moltiplicano, gli organici si svuotano.

Per quanto riguarda specificamente i dirigenti penitenziari occorre evidenziare che l’ultima immissione nel ruolo dei direttori risale a circa quindici anni orsono (1997) e che a
vario titolo, per effetto degli intervenuti collocamenti a riposo e per interventi legislativi di riduzione della spesa[6], l’organico dei direttori in servizio ha subito una
pesante e progressiva riduzione, sino a giungere alle attuali 385 unità che, per effetto della riduzione prevista dall’art.1 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, subirà, ove non si
intervenga con urgenza e normativamente, ad una diminuzione ulteriore di circa 40 posti.

Questa organizzazione sindacale, che raccoglie il maggior numero di dirigenti penitenziari,  ha rappresentato più volte ed a viva voce la necessità di una reale
progettualità a fronte della grave situazione penitenziaria, per la quale il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza[7], ma purtroppo ad oggi poco e nulla è stato
realizzato nelle direzione di una positiva risoluzione della gravissima situazione penitenziaria, anzi.

Così, mentre il governo è impegnato nella crisi economica internazionale - tra la BCE,  Merkel e Sarkozy – giunge la notizia che il Capo del Dipartimento
dell’Amministrazione penitenziaria, pur esprimendo il proprio rammarico avrebbe comunicato a molti dirigenti penitenziari, generali e non, presso il Dipartimento (ma sarebbero
in corso di emanazione analoghi e numerosi provvedimenti per le sedi periferiche. Domanda: chi governerà le carceri senza direttori?)  che la recente normativa
[8] ed una direttiva del Ministro della Giustizia determinano l’avvio delle procedure per la cessazione anticipata del rapporto di servizio dei dirigenti che hanno raggiunto quaranta anni di contribuzione.

Orbene, se questa operazione fosse il frutto di una progettualità finalizzata a profondere nuova linfa professionale nell’apparato organizzativo dell’amministrazione
penitenziaria, attraverso nuovi concorsi per dirigenti penitenziari, in questo momento di enorme difficoltà del sistema penitenziario gravato da una dichiarata ed
effettiva “emergenza carceri”, se in virtù di tale progettualità si fosse pensato di aprire le porte del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per destinare i posti
di comando a chi,  per diretta esperienza sul difficile campo delle carceri, possiede le competenze specialistiche necessarie a governare l’attuale esplosiva realtà del carcere,
allora si potrebbe avere ancora qualche speranza: vorrebbe dire che a fronte di un Governo di tecnici incaricato di amministrare la Nazione, una squadra di tecnici penitenziari
si occuperebbe di governare finalmente le carceri.

Purtroppo, però, della prospettiva di avviare nuovi concorsi per dirigenti penitenziari non pare vi sia neppure l’intenzione e, invero, i continui arrivi di magistrati fuori
ruolo al D.A.P., che si stanno registrando negli ultimi mesi senza soluzione di continuità, notoriamente da sempre subito pronti a ricoprire posti riservati ex D.Lgs. n.63/2006
 ai dirigenti penitenziari,  non depone affatto in tal senso e lascia sorgere il grave sospetto che, in verità, i numerosi provvedimenti di cessazione anticipata del rapporto
di servizio dei dirigenti che hanno raggiunto quaranta anni di contribuzione abbiano lo scopo di precostituire le condizioni per una vera e propria “occupazione”, manu militari,
del Dipartimento da parte di magistrati fuori ruolo.

Se così fosse sarebbe gravissimo e si tradirebbe lo spirito della Costituzione che pretende la non confusione dei poteri ! Non solo perché le aule di giustizia e le procure della Repubblica languono e l’Italia continua ad essere condannata dalla Corte di Giustizia Europea per i ritardi del suo sistema giudiziario, ma anche perché si tradirebbe la volontà del Parlamento e lo spirito della Legge 27 luglio 2005, n.154 e del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63, che hanno voluto creare un corpo di dirigenti specializzati nel governo dell’amministrazione penitenziaria.

Questo sindacato non intende in alcun modo esprimere valutazioni sui singoli magistrati o sulla magistratura, alla quale va il più sincero apprezzamento per la delicata funzione che svolge nelle aule di giustizia e nelle attività di indagine, ma non può non evidenziare che oggi - più che mai - occorre che ciascuno faccia il proprio mestiere. Così come il dirigente penitenziario non saprebbe fare il magistrato così il magistrato non può saper fare il dirigente penitenziario ed è fuorviante e sbagliato, sotto il profilo della necessità di dare attuazione a principi di effettiva funzionalità ed efficienza dell’azione amministrativa, ritenere che il magistrato possieda, in quanto tale, il dono dell’onniscienza.

Al riguardo, in occasione dell’incarico conferito al Prof. MONTI per la formazione del Governo, l’Unione delle Camere Penali aveva dichiarato che “Il problema dell’affollamento delle carceri - è una delle emergenze che il nuovo governo dovrà affrontare” e nei giorni scorsi ha sottoscritto un appello affinché il sottosegretario alla Giustizia sia persona che possieda, tra le altre, una specifica competenza in materia, precisando che “senza nulla togliere al profilo dei diversi candidati, vi è da rilevare che a fronte di un ministero della Giustizia affollato di magistrati fuori ruolo, la nomina di un sottosegretario prelevato direttamente dai ranghi della magistratura mantiene e rafforza la commistione del tutto impropria tra i compiti politici e amministrazione della Giustizia che da decenni si registra. Sarebbe auspicabile che il governo - è la conclusione - desse un segno di discontinuità rispetto al passato dimostrando, tra l’altro, che nel variegato mondo della giustizia è del tutto erroneo identificare la competenza tecnica solo nei magistrati”.

Il Si.Di.Pe. richiama questo passaggio dell’Unione delle Camere penali perché è un pensiero in linea con le necessità effettive del Paese e del mondo penitenziario: non si vorrebbe che l’Amministrazione finisse con il coincidere con una “mascherata” giurisdizione e che per far questo si volesse “epurare” la dirigenza penitenziaria in un olocausto della categoria a favore di magistrati in transito, desiderosi di una pausa dalle aule di giustizia, privi della necessaria concreta progettualità, di cui la realtà penitenziaria ha oggi assolutamente bisogno, e che può derivare solo dall’effettiva conoscenza sul campo dei problemi da parte di chi sa che su quel campo deve comunque restarci.

Il Si.Di.Pe. avverte: attenzione non c’è più tempo per i giochi dei palazzi, nessuno può credere che distrutta una realtà amministrativa specialistica, quella penitenziaria, attraverso l’epurazione dei suoi dirigenti, possano arrivare soggetti esterni capaci di risolvere l’emergenza penitenziaria: il Si.Di.Pe. non crede che “Visitors” interessati per loro fini ad occupare il mondo del DAP possano o vogliano salvarlo!

Al Governo, al Ministro della Giustizia, in un momento che qualcuno considera evidentemente di “politica debole” e intende profittarne, il Si.Di.Pe. chiede con forza di appropriarsi del loro ruolo effettivo perché non si continui a sfasciare quel poco che è rimasto: se ancora le carceri non sono esplose è grazie ad una dirigenza penitenziaria che, con l’impegno instancabile di tutti gli operatori penitenziari, è stata capace di non far esondare il fiume tempestoso delle realtà penitenziarie, il quale rischia di trascinare solo proteste e violenze !

IL SEGRETARIO NAZIONALE
Dr. Enrico SBRIGLIA



IL PRESIDENTE
Dr.ssa Cinzia CALANDRINO

Il SEGRETARIO NAZIONALE VICARIO
Dr. Rosario TORTORELLA

Il VICE SEGRETARIO NAZIONALEDr. Francesco D’ANSELMO



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Legge 27 luglio 2005, n.154 “Delega al Governo per la disciplina dell'ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria”.

art.1, comma 1, lett. d) Legge 27 luglio 2005, n.154

artt. 20-25 D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63

art.28 D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63 “Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, a norma della L. 27 luglio 2005, n. 154”.

art.26, comma 4, D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 63

l’art.74 della legge 8 agosto 2008,n.133 prevede misure volte ad una razionalizzazione delle risorse, ridimensionando gli aspetti organizzativi esistenti e operando conseguentemente “la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale, in misura non inferiore, rispettivamente, al 20 e al 15 per cento di quelli esistenti.”.

ai sensi e per gli effetti dell’art.5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n.225, dapprima con D.P.C.M. 13 gennaio 2010 e successivamente con la proroga del D.P.C.M. 11. gennaio 2011

art. 72, comma 11, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito con legge 6 agosto 2008, n. 133 e art.1 D.L. 13-8-2011 n. 138 Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 14 settembre 2011, n. 148






 

 

 

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rassegna stampa su www.studiocataldi.it