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COMUNICATO SINDACALE 30/11/2011
“LA PENA DI MORTE E LE SUE VARIABILI”
Come SI.DI.PE., con una nostra rappresentanza composta dal Segretario Nazionale, Enrico SBRIGLIA, il Presidente, Cinzia CALANDRINO ed il vice segretario nazionale, Francesco D’ANSELMO, abbiamo partecipato, appositamente invitati, all’incontro tenutosi ieri, a Roma, “Per un mondo senza la pena di morte”, organizzato dalla Comunità di S. Egidio.

Abbiamo così sentito, dalla viva voce dei diversi ministri della Giustizia, di come il tema sia fortemente sentito in Paesi ormai non più lontani, grazie alla globalizzazione, e di come ci sia un forte impegno degli Stati e della Comunità internazionale sul tema.

Abbiamo ascoltato la viva voce di un sopravvissuto al braccio della morte, di una persona che per ben 18 anni, innocente, è stata prigioniera di un tritacarne giudiziario che ha visto sacrificare la speranza del giusto, che ha seminato dolori, rabbia e paure all’interno della famiglia del condannato-innocente, e reso fragile il legame di fiducia che spiega il rapporto tra cittadino ed il suo Stato, le sue istituzioni.

Abbiamo ascoltato la voce del vice ministro della Norvegia, e la sua lezione di speranza ed umanità, nonostante il terribile eccidio di vittime giovani ed innocenti per mano di un esaltato della politica della morte e dell’aparthaid, nel nome di una supponenza etnica che non conosce i sentimenti di pietà e solidarietà.

Abbiamo ascoltato il coraggio di una testimonianza di lotta civile e disarmata del presidente della Comunità di S. Egidio, Mario MARAZZITI e la lucida e non di stile relazione del prof. Sebastiano MAFETTONE, filosofo ma, soprattutto, persona.

Abbiamo ascoltato l’intervento di apertura del nostro ministro della Giustizia, dell’Avv. Paola SEVERINO, il suo richiamo a Cesare Beccaria e di come l’Italia fosse in prima linea nel sostenere l’abolizione della pena di morte.

Già, la pena di morte, ma davvero essa è stata abolita nel nostro Paese oppure, oggi, si ripresenta in forme nuove e subdole, addirittura scollegata da una pur modesta parvenza di epilogo di storie criminali e di persone, colpendo alla cieca chi si trova dinnanzi ?

Non si è per caso passati dalla “sanzione estrema ed individuale” a quella di massa e di comunità, per cui, in modo apparentemente casuale e prescindendo dalle singole responsabilità della persona “in vinculis”, la disintegra, esaltando il principio della “pena esemplare” che il sistema carcerario, e non più la singola condanna, rivolge ai cittadini che abbiano a che fare con la giustizia penale, a prescindere da ogni personale e semmai ancora da provare responsabilità ?

Cosa sono le 59 morti in carcere dall’inizio dell’anno per mano propria, addirittura economizzando in boia e strumenti di morte direttamente per mano dello Stato ?

Si può indurre alla morte, si può indurre all’autosoppressione quando si è numero anonimo nella moltitudine di quasi 68 mila detenuti, quando si dorme sui materassi per terra, quando si viene allontanati di centinaia se non mille e più chilometri dalla propria casa, famiglia, terra ?

Si può indurre alla morte quando il personale penitenziario è costretto a lavorare in condizioni difficili, demotivato sul piano economico, giuridico, nei bisogni di protezione sociale in quanto ogni giorno, tutti i giorni, in prima linea e ciononostante costretto a leggere i temini dei buon pensanti, giudici-scrittori, che spiegano il senso della pena mentre gli operatori penitenziari hanno davanti ai propri occhi lo stato delle cose, costituito in prevalenza dai profili di tossicodipendenti, immigrati clandestini, psicolabili, disoccupati di lungo corso, uomini e donne buttati fuori dalla società, oggi più che mai spaventata non dalle Leggi di Dio ma da quelle dei Mercati Finanziari ?

Si può indurre alla morte quando le lenzuola, se sei fortunato, ti verranno cambiate ogni 15 giorni, quando, se sei fortunato, avrai un rotolo di carta igienica di qualità pessima sempre ogni 15 giorni, quando, se sei fortunato, ti daranno una saponetta e forse un rasoio perché le direzioni delle carceri non hanno più un euro ?

Si può indurre alla morte quando il tuo processo dura anni e anni e la condanna, ormai eseguita, ti sembrerà una liberazione, mentre la storia processuale lo sarà per davvero per gli oltre 150-180 mila sguscianti, che sono riusciti ad ottenerne la prescrizione ?

Ebbene, se le cose che appena accenniamo hanno senso e sono vere, forse anche noi continuiamo nel nostro sistema, che celebriamo sommamente nei convegni e nei dibattiti, che ricordiamo figlio di un diritto romano e delle migliori elucubrazioni della filosofia del diritto, ma che poi calpestiamo nella pratica tutti i giorni, a mantenere la pena della morte, uccidendo insieme anche lo Stato.

Come sindacato dei direttori e dirigenti penitenziari, Noi non ci possiamo tirare fuori, non possiamo e non dobbiamo fingere di non vedere. Seppure, apparentemente, questi temi sembrano non essere di stretta attinenza con la funzione di una organizzazione sindacale, Noi, al contrario, riteniamo che lo siano, che impattino senza se e senza ma, nel modo di essere e fare il direttore penitenziario, sia d’istituto che di uepe. Ci interessa il contratto di lavoro, ci interessa tutto ciò che fa riferimento al modello organizzativo del DAP, ma ci interessa soprattutto il senso delle cose che siamo tenuti a fare: mai accetteremo che lo Stato produca sofferenze gratuite e, al contrario, non incoraggi i cittadini.

IL SEGRETARIO NAZIONALE

Dr. Enrico SBRIGLIA

IL PRESIDENTE

Dr.ssa Cinzia CALANDRINO

Il SEGRETARIO NAZIONALE VICARIO

Dr. Rosario TORTORELLA

Il VICE SEGRETARIO NAZIONALE AGGIUNTO

Dr. Francesco D’ANSELMO

 

 

 

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rassegna stampa su www.studiocataldi.it